Dall’ospedale di Rajshahi, Bangladesh, gli ultimi aggiornamenti.

Ospedale di Rajshahi, Bangladesh

Cari Amici,

Sono rientrato in Bangladesh pochi giorni fa, dopo oltre due anni di assenza, perché ero stato richiamato per un servizio nel seminario teologico del PIME a Monza. Ho gustato molto la convivenza con una sessantina di studenti provenienti da 10 diversi paesi del mondo; li ho lasciati con un po’ di rammarico, ma sono contento di essere di nuovo in Bangladesh!

In questi giorni ho ripreso contatto con tante persone, e tra l’altro sono venuto anche a Rajshahi, incontrando le Suore che sono a servizio del S.A.C. (Sick Assistance Centre; in italiano “Centro Assistenza Malati”), su cui mi hanno aggiornato. Per questo ho accettato volentieri di scrivervi a nome loro, e anche di P. Gian Paolo.

Suor Suborna, la direttrice, mi ha dato gli elementi essenziali per capire l’attuale situazione del S.A.C. e mi ha descritto il cammino compiuto da alcune persone che – grazie al S.A.C. – hanno ritrovato o stanno ritrovando la salute e la serenità. Quando la tubercolosi colpisce, occorre affrontare un lungo periodo di cure. Esami clinici e medicine sono disponibili gratuitamente presso alcune organizzazioni finanziate dal governo, ma per arrivare alla guarigione occorrono anche riposo, tranquillità, e buona alimentazione, altrimenti il problema non si risolve e la malattia si trascina, in molti casi peggiora, sorgono complicazioni varie. Ma chi può permettersi il “lusso” di mangiare bene e riposare a lungo? Inoltre, bisogna considerare anche la possibilità di una diagnosi, e perciò di una cura, sbagliate, perché consigliate da un medico incompetente o… dal vicino di casa. Spesso queste situazioni si risolvono solo quando l’ammalato viene indirizzato e poi accolto al S.A.C. dove ottiene l’assistenza, il cibo, la tranquillità e anche i ritmi di vita quotidiana adatti alle sue condizioni.

Il S.A.C. proprio per questo è utilissimo a tante persone, e per molte di loro è indispensabile. E’ vero, rispetto al passato, specialmente da quando il Covid ha scombussolato tutti e tutto, il numero degli ammalati assistiti è diminuito: ricevendo le medicine gratuitamente, qualcuno pensa che questo basti, ma spesso non è così: specialmente per le situazioni più difficili e complesse, il S.A.C. rimane una risorsa indispensabile.

Lo dimostra una storia come quella di Ashonti Murmu, di etnia Santal, che vive in un villaggio del nord, è sposata, ha un bambino di due anni, e il marito che lavora in città: afflitta da crescenti dolori alla schiena è stata visitata e curata in vari modi senza successo, finchè all’ospedale di Rajshahi diagnosticarono una tubercolosi spinale. Ma perché iniziasse la cura giusta fu ancora necessario il controllo all’ospedale per la tubercolosi dove fu chiaro che la malattia aveva colpito anche i polmoni. Fu poi il lavoro di persuasione di una sua amica, infermiera di quell’ospedale, che la indirizzò al S.A.C. dove ora si trova, è serena, e sta migliorando.

Come lei, altri: donne e uomini, cristiani e credenti di altre religioni, giovani e anziani, solo al S.A.C. riescono a sbloccare la loro situazione: grazie alle cure, e anche per l’ambiente di amicizia, rispetto, fraternità che esso offre, dando un contributo di grande importanza per facilitare la guarigione, e per favorire rapporti sereni e corretti fra persone di religioni, gruppi etnici, situazioni sociali diverse.

Bisogna dunque che questa iniziativa continui ad offrire il proprio servizio: non si tratta di “casi”, ma di persone che soffrono, e davanti a loro non possiamo restare indifferenti.

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Nel frattempo, in Bangladesh stanno emergendo anche altre situazioni che richiamano il nostro interesse, ad esempio quella degli anziani che hanno bisogno di assistenza. Nel villaggio tradizionale gli anziani non avevano certo cure specializzate, però potevano rimanere nella famiglia “allargata”, e normalmente non erano costretti alla solitudine; ma la vita in città, in appartamenti piccoli, magari ai piani alti di un palazzo senza ascensore, e l’assenza dei giovani che hanno un impiego fuori, costringe un numero crescente di anziani a vivere nella solitudine quasi continua, senza potersi concedere nemmeno quattro passi o quattro chiacchiere… Qua e là si stanno aprendo case di assistenza per anziani, spesso molto costose. Da tempo le Suore (e noi con loro) si stanno interrogando su questo e altri problemi da prendere in considerazione. Bisogna essere pronti a dare risposta alle situazioni nuove che si presentano o si presenteranno. Non c’è pericolo di disoccupazione per chi vuole fare il bene!

Intanto, il S.A.C. continua, con il Vostro indispensabile sostegno, per il quale esprimiamo la nostra gratitudine sincera!

Il Signore ascolti la preghiera che gli ammalati curati al S.A.C. rivolgono a Lui per i loro benefattori; e dia a chi li aiuta le grazie che il Suo amore sa scegliere per il bene di ciascuno.
Vi chiediamo anche una preghiera per il Bangladesh in questo momento di incertezze e instabilità.

Buone Feste a tutti!

Padre Franco Cagnasso e Padre Gian Paolo con Sr Suborna Corraya,
Sr Augostina Tudu, Sr Flora Rozario e Sr Kajoli Murmu

Dall’ospedale di Rajshahi, Bangladesh, gli ultimi aggiornamenti.
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